L’Ospedale della Sacra Famiglia sta per superare un traguardo importante: quello del 100millesimo bambino nato da quando la struttura sanitaria di Betlemme è gestita dall’Ordine di Malta. Qui dal 1990 nascono ogni anno oltre 4.600 bambini, assistiti da uno staff di circa 200 persone tra medici, infermieri, ostetriche.
L’Ospedale, che si trova a pochi passi dalla Chiesa della Natività, è l’unico della zona ad avere un reparto di terapia intensiva neonatale, dove vengono curati bambini venuti alla luce a meno di 24 settimane. “La crisi pandemica ha avuto forti ripercussioni sulla comunità locale già indebolita dalla crisi economica”, spiega il Grande Ospedaliere, Fra’ Alessandro de Franciscis, in un incontro con la stampa internazionale proprio a Betlemme. “Questo ha portato ad un aumento dei parti prematuri e a un incremento di patologie riscontrate nelle madri”, ha aggiunto il Grande Ospedaliere, descrivendo il lavoro svolto dai medici, in particolare nel reparto di terapia intensiva che dispone di 18 posti letto.
Qui i genitori possono essere presenti 24 ore su 24 per accudire i propri figli, come fa Maisan, una giovane mamma palestinese che aspetta di poter riportare a casa il figlio nato pretermine. Per lei un lieto fine, ma per altri il destino è segnato, come racconta il direttore del reparto di terapia intensiva: “Alcuni bambini nascono con malformazioni genetiche o malattie metaboliche e non hanno speranza; il nostro compito è di alleviare le loro sofferenze e rendere la loro breve esistenza la meno dolorosa possibile”.
La cura e la dedizione dei medici e infermieri è tangibile: tra le incubatrici, le culle, le decine di tubi e di tubicini che nutrono i neonati e i bip costanti e regolari dei sensori regna un’organizzazione impeccabile; il personale si muove con delicatezza e professionalità. “L’Ospedale è un’oasi di pace in un territorio difficile”, spiega l’Ambasciatrice dell’Ordine di Malta in Palestina, Michèle Bowe. “Per noi è molto importante coinvolgere la comunità locale per fermare la dispersione dei cristiani. Per questo l’Ospedale offre borse di studio in discipline sanitarie a giovani ragazze palestinesi provenienti da famiglie povere. Questo dà loro la possibilità di specializzarsi e di poter restare a vivere in Terra Santa”, spiega ancora Michèle Bowe. Oltre il 70% dei dipendenti dell’Ospedale è composto da donne, sia cristiane che musulmane; il 45% dei pazienti è rifugiato, così come il 21% del personale.
Oltre a disporre di una farmacia, un laboratorio e di un centro di formazione, l’Ospedale gestisce la clinica Well Women, per le donne in menopausa, e l’Unità Medica Mobile che assiste le comunità remote e i villaggi isolati nel deserto circostante Betlemme. Ogni settimana l’ambulanza – dotata di ecografo e lettino – effettua visite nei villaggi abitati da beduini che spesso non hanno acqua o elettricità. Per molte donne si tratta dell’unica assistenza medica che hanno, per questo all’arrivo dell’ambulanza sono già tutte disposte in fila ad aspettare il proprio turno con in mano la rispettiva cartella clinica. A bordo dell’unità mobile, un medico pediatra visita i bambini ed effettua le vaccinazioni mentre un’infermiera/ostetrica ci spiega come sia importante rispettare la cultura e le tradizioni locali per incentivare le donne a cercare cure mediche. “Molte di queste donne – spiega l’infermiera – fanno molti figli in tempi brevi e questo può causare problemi di salute che vengono a volte trascurati, come l’ipertensione o il diabete. Grazie alla nostra presenza regolare siamo riusciti a stabilire rapporti di fiducia con le abitanti di questi luoghi”.
Al fine di potenziare il raggio d’azione dell’Ospedale, è in fase di costruzione un nuovo padiglione che permetterà di curare un numero sempre più elevato di piccoli pazienti, mentre già si pensa a intensificare il programma delle visite dell’unità mobile nelle regioni più remote della Cisgiordania.