Con una presenza in tutti i continenti, l’Ordine di Malta ha intensificato i suoi sforzi nel settore medico-sociale per fare fronte alla pandemia Covid 19. Come spiega in un’intervista concessa a Radio Vaticana, il Grande Ospedaliere, responsabile dei progetti umanitari dell’Ordine di Malta, spiega come i volontari e lo staff medico stiano lavorando alacremente per sostenere i servizi sanitari nazionali nei paesi colpiti, ma anche per rafforzare la rete di assistenza per gli anziani, i senzatetto e le persone povere, particolarmente in difficoltà in questo momento storico.
Il Sovrano Ordine di Malta, con i suoi medici e volontari, intensifica l’azione a sostegno dei Paesi maggiormente colpiti dal coronavirus. La preoccupazione per l’Africa e per i Paesi del Medio Oriente
Mille anni di tradizione ospedaliera fanno sì che il Sovrano Ordine di Malta si trovi coinvolto in pieno nella gestione dell’emergenza legata alla pandemia Covid-19. In Lombardia, la regione italiana più colpita, è in prima linea nella realizzazione del nuovo ospedale costruito nei padiglioni della Fiera di Milano e dedicato ai pazienti coronavirus, con 200 posti letto, soprattutto di terapia intensiva, al quale l’Ordine contribuirà con la donazione di 260 apparecchi per la respirazione assistita.
Dall’Europa all’Africa, l’Ordine agisce proteggendo i suoi operatori
L’azione dell’Ordine in Europa si estende dall’Italia alla Germania, dalla Slovenia alla Francia, all’Ungheria. ‘La sfida più importante – spiega il Grande Ospedaliere Dominique de La Rochefoucauld Montbel – è poter far sì che l’Ordine di Malta possa continuare la sua azione accanto alle persone sole, isolate a casa, così come a chi si trova in ospedale, nelle case di risposo o in strutture specializzate”. La prima preoccupazione quindi è senz’altro quella di assicurare ai medici e ai volontari dell’Ordine tutto ciò che occorre a proteggersi. Lo Smom è presente in 120 Paesi, tra questi alcuni in Africa, in cui il Covid-19 costituisce una minaccia terribile. È di pochi giorni fa l’allarme dell’Oms circa questo continente, dove le strutture sanitarie sono scarse se non addirittura inesistenti. “In Africa – continua de La Rochefoucauld – ovunque l’Ordine operi, che sia negli ospedali o nei principali dispensari, si stanno prendendo le misure adottate durante l’epidemia di Ebola”, per poter portare avanti i progetti è prioritario proteggere volontari e persona medico, “l’importante – aggiunge il Grande Ospedaliere – è che si agisca nel contesto dei dispositivi nazionali per combattere questo flagello nelle condizioni migliori”.
In Medio Oriente l’impegno resta alto nei campi di accoglienza
Resta alta anche l’attenzione in Medioriente, area caratterizzata da precarie condizioni medico-sociali, dove l’Ordine ha attivato una serie di azioni di monitoraggio. A Betlemme, nell’ospedale della Sacra Famiglia, gestito dall’Ordine, unica struttura della regione a disporre di una unità di terapia intensiva neonatale, dal 5 marzo, da quando l’area è stata dichiarata zona rossa, sono nati più di 150 bambini. Una delle sale operatorie dell’Ospedale è stata inoltre adibita a reparto di isolamento per i pazienti infetti, il problema si pone ora con la chiusura della regione che rende impossibile lo spostamento di neonati prematuri o che necessitano di interventi chirurgici. C’è poi il lavoro nei campi che accolgono rifugiati e sfollati fuggiti dalla guerra, come quelli che ospitano i civili siriani in Libano. “Questa situazione – continua de La Rochefoucauld – rende il tutto ancora più complicato, abbiamo equipaggiato il nostro personale in modo adeguato, affinché si possa procedere con il lavoro di accoglienza, di accompagnamento e di integrazione. In Medio Oriente, nonostante la situazione sia aggravata dalla mancanza di materiale, noi continueremo ad operare, soprattutto per quanto riguarda il sostegno alle persone che necessitano di ricovero”.