I volontari dell’Ordine di Malta sono presenti nella regione ucraina della Transcarpazia, un’area divisa dal resto dell’Ucraina dai Carpazi, al momento non toccata dalla guerra. Si tratta della seconda via di transito più importante per i profughi, la porta per Ungheria e Slovacchia. La Transcarpazia conta una grande minoranza di lingua ungherese.
Il servizio di assistenza del distretto di Berehove dell’Ordine di Malta – uno dei quattro uffici locali distaccati dell’Ordine in Ucraina – ha allestito un centro informazioni al valico di frontiera di Astey, dove i volontari offrono assistenza ai profughi che arrivano al confine. Una volta entrati in Ungheria, vengono assistiti dal personale del servizio di assistenza dell’Ordine di Malta ungherese.
La maggior parte delle famiglie in fuga parla solo ucraino. Il servizio di assistenza dell’Ordine di Malta a Berehove ha preparato un modulo semplice in lingua ungherese, che viene compilato per quanti sono in attesa alla frontiera, indicando il numero delle persone che compongono la famiglia, la loro età, se hanno malattie da curare, dove vogliono andare e altre informazioni utili richieste. Questi moduli vengono poi consegnati dai profughi agli assistenti ungheresi, accelerando e facilitando così la loro accoglienza e l’organizzazione del loro viaggio attraverso l’Ungheria. I volontari aiutano anche un orfanotrofio a Uzhhorod, dove sono ospitati i bambini fuggiti da Kiev. A causa della mancanza di cibo i volontari arrivano regolarmente con macchine cariche di provviste.
Questo è il racconto di Maria Schumicky, una volontaria ungherese, che è impegnata nell’ufficio dell’Ordine di Malta a Berehove, nella Transcarpazia.
1 Marzo. Primo giorno.
Prima di lasciare Budapest, faccio scorta di cibo da portare con me: una volta dall’altra parte, non voglio sottrarre cibo alle donazioni. Al mio arrivo incontro il responsabile del servizio di assistenza Malteser a Berehove, che è molto stanco ma mi accoglie con un caldo sorriso nella sua casa, dove mi offre un pasto caldo e un letto appena fatto. Mi sento benvenuta e accudita da queste persone: la guerra non è lontana ma non ha cambiato la tradizione di accogliere in modo dignitoso gli ospiti.
2 Marzo. Secondo giorno.
Mi alzo alle cinque e mi avvio al confine. Una volta arrivata mi avvicino alle macchine che avanzano lentamente. Sono insieme ad altri volontari dell’Ordine di Malta. Chiediamo alle persone se vogliono da mangiare o da bere. Compiliamo con loro il modulo in lingua ungherese.
Un giovane abbraccia una donna in lacrime con un cappotto nero. La rincuora. Chiediamo se hanno bisogno di aiuto. Sono due famiglie con molti bambini. Compiliamo i loro documenti. Gli uomini rimarranno
in Ucraina, come previsto dalla legge. Le donne andranno via, alcuni amici le attendono a Graz. Ora devo essere forte, non posso farmi prendere dall’emozione mentre li guardo separarsi, così mi allontano per concedere loro un po’ di privacy. Prego per loro in silenzio.
Quindi vedo una ragazza bionda seduta nella sua macchina. Si chiama Juliya. Abbassa il finestrino. Le passo un po’ d’acqua e le chiedo se ha bisogno di altro. Sta piangendo. Racconta che è fuggita da Kharkov, dove sono rimasti i suoi genitori. Ha un cincillà con sè. Mi sporgo dentro la vettura e la abbraccio. Spero che dall’altra parte del confine incontri qualcuno che possa aiutarla psicologicamente. C’è un misto di disperazione e gratitudine nei suoi occhi. Va verso l’ignoto e io la rassicuro, le dico che gli ungheresi la accoglieranno e le forniranno alloggio, cibo e sicurezza. Sono sicura che i miei connazionali non permetteranno che si abbatta e che Juliya riceverà l’accoglienza che merita da parte nostra.
Poi vedo un uomo yemenita con la moglie e i loro gemelli. I loro documenti sono incompleti. Sono già stati respinti al confine polacco. Gli prometto che dirò una preghiera, perchè venga permesso loro di passare. Un’ora dopo la macchina non è tornata. Forse sono passati. Lo spero.
Un padre accompagna al confine la moglie, i due figli piccoli e una figlia adolescente. Sono a piedi. Promettiamo al padre che la sua famiglia sarà al sicuro. Abbraccia la moglie, il cui volto si contrae per un momento per il dolore, ma si ricompone subito e quando lascia il suo abbraccio, lo guarda negli occhi con coraggio. Promette in silenzio di tenere unita la famiglia. I bambini abbracciano il loro papà, il più piccolo piange un po’, ma poi sorridono e salutano mentre vanno via. La ragazza… lei è un’adolescente, volta le spalle. Il padre la raggiunge, ma lei scivola via dalle sue mani, va avanti e non si volta. Non vuole dirgli addio, si incontreranno di nuovo. L’uomo rimane indietro e continua a guardarli mentre loro si allontanano.
Sono solo le 9 del mattino.
Più tardi lavoriamo in ufficio con Tunde. Alla fine ci siamo assicurati un magazzino più grande, dove possiamo tenere tutte le donazioni che stanno arrivando. Il primo carico è arrivato stasera.
E’ stata una giornata lunga. Non abbiamo cambiato il mondo, ma abbiamo cercato di renderlo leggermente migliore. So che a casa, questa sera, i miei amici stanno pregando per la pace. So che molti volontari sono in attesa di venire ad aiutare. So che il Padre ci guarda. L’Ucraina non è sola.
P.S. Ci sono momenti che non possono, che non dovrebbero essere catturati: perchè la dignità umana è un diritto fondamentale.